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Una leggenda ancestrale sul tetto del Musée du quai Branly di Parigi con l’installazione di Lena Nyadbi

Cos’ha in comune Parigi con la cultura aborigena? Basta salire sulla Torre Eiffel per capirlo.

Da quell’altezza i vostri occhi si fermeranno su qualcosa di insolito, che spezza il panorama cittadino. Ciò che catturerà la vostra attenzione sarà il tetto del Musée du quai Branly di Parigi, che dal 29 Aprile l’artista aborigina Lena Nyadbi ha trasformato in una tela gigante. L’installazione, visibile solo da punti panoramici fuori dal museo e da Google Earth, fa parte di un progetto realizzato con la collaborazione del Warmun Art Centre di Melbourne, che raccoglie le opere dei più importanti artisti aborigeni.

L’artista nata nel 1936 nella zona Ovest dell’Australia ha avuto a disposizione 700 metri quadri per realizzare l’installazione, visibile pure da dal titolo “Dayiwul Lirlmim” o Barramundi Scales, un dipinto in bianco e nero ispirato alla terra dell’artista Dayiwul Country, e fa riferimento ad una leggenda sulla scoperta dei diamanti, famosa da 1000 anni. Si racconta infatti che il Barramundi un pesce dell’Australia catturato nella rete da tre donne vi sfugge perdendo le squame, che si trasformano in diamanti. Lena Nyadbi ha voluto rappresentare proprio le squame-diamanti. A Parigi possiamo immaginare che il famoso Barramundi esca proprio dalle vicine acque della Senna!

Quest’opera nella cultura aborigena corrisponderebbe al genere del “dot and circle paintings”, cioè la pittura dei punti e dei cerchi: questo perchè gli artisti di quelle zone, descrivono i loro sogni e la loro terra come se guardassero dall’alto. Per l’installazione sono stati usati 172 stencil di 3 x 1,5 metri, 46 volte rispetto all’originale e vernice usata sulla strada per le strisce pedonali, affinchè fosse resistente alla pioggia.

L’artista che dal 1998 ha visto salire le sue quotazioni in Europa e che collabora con Parigi da qualche anno, porta avanti l’esempio di una creatività aborigena che non è giusto classificare in criteri troppo stretti. L’interesse del direttore del museo, Stéphane Martin prende il via già all’apertura nel 2006 del Musée du quai Branly quando decise di chiamare a raccolta i migliori artisti aborigeni (tra cui anche Lena Nyadbi) per installazioni-architettoniche su pareti, pavimenti e altri supporti del museo.

Lena Nyadbi in passato si unì artisticamente a Paddy Jaminji e Rover Thomas da cui ha imparato le tecniche di macinazione dell’ocra e del carbone e collaborò con altri artisti contemporanei portando avanti la sua ricerca in liberà, sfuggendo da definizioni. Ciò che si porta dalla sua cultura è l’iconografia in cui il segno significa sempre qualcosa di più profondo. Un significato che è da ricercare nelle tante storie dell’Epoca dei Sogni, quella che per gli aborigeni è l’origine dalla natura della spiritualità.

Foto| Warmun Art Centre e New York Time.



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