Scultura
Retrospettiva sugli “assemblaggi” colossali di Louise Nevelson a Roma
E’ un forte odore di legno quello che si respira entrando nelle sale della Fondazione Roma Museo che fino al 21 Luglio dedica una retrospettiva alla grande artista americana Louise Nevelson.

E’ difficile non avere la sensazione di trovarsi in una foresta di alberi secolari, testimoni del tempo e della storia. Gli alberi secolari sono invece 70 opere che Louise Nevelson ha realizzato nell’arco della sua brillante carriera artistica fino alla morte avvenuta nel 1988. Anticonformista, stravagante e tenace, ha portato avanti con orgoglio il suo lavoro nonostante le ristrettezze economiche e dando un contributo notevole alla nozione plastica del periodo, partendo da studi sull’arte cubista.
Il legno è la materia privilegiata da Nevelson, figlia di un commerciante di legname russo, che assembla formando gigantesche sculture totemiche. Non a caso durante un viaggio in Sud America ha notato la somiglianza con le architettura di queste civiltà. Il collage diventa tridimensionale e fa scoprire meravigliosi contrasti di luce quando i piani, scomposti alla maniera cubista, svelano e nascondono nuovi spazi scultorei. Luce e ombra sono le uniche due “componenti cromatiche”. Il nero è infatti il colore assoluto (“Il nero è il colore più nobile di tutti, il nero racchiude tutti i colori”) che Nevelson utilizza ossessivamente in quasi tutta la sua produzione, eccetto che per brevi periodi in cui sceglie il bianco (’59-’60) più allegro, per le opere a carattere religioso e l’oro il colore degli dei e della spiritualità (’60-61).
Queste sculture che diventano di dimensioni monumentali negli anni ’70 sembrano volerci rubare il nostro stesso spazio vitale e gridare la nuova esistenza di oggetti d’uso comune, racimolati qua e là dall’artista. I suoi assemblaggi, utilizzati come tecnica anche da molti artisti americani, ci fanno sognare di mondi legati all’origine della materia e altre volte alla tranquillità della vita domestica soprattutto quando tra gli scarti industriali si riconoscono vecchie sedie da cucina o pomelli di un letto. Davvero suggestivi!
E se riunire oggetti destinati a disperdersi era come un viaggio senza ritorno nel caos esistenziale il disegno, importantissimo per la sua concezione artistica, serviva ad ordinare questo caos e a riconoscersi.
Foto| Fondazione Roma Museo e Fondazione Marconi
