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Redditometro e auto sportive e di lusso, classiche e moderne
Redditometro e auto d’epoca, sportive e di lusso: un rapporto difficile, anche quando la passione prevale sulla ricchezza, magari con l’acquisto di un usato di qualità.

Redditometro e auto d’epoca, sportive e di lusso: un rapporto difficile, anche quando la passione prevale sulla ricchezza, magari con l’acquisto di un usato di qualità. Ad onor del vero, il nuovo misuratore del “benessere personale” è più tenero e sostanzialmente diverso dal vecchio che, a mio avviso, era uno strumento rozzo ed arcaico nella sua impostazione, anche in virtù del fatto che portava ad orientare i consumi, come neppure i regimi totalitari avevano saputo fare. Questo perché non teneva conto della spesa storica (cioè effettiva), ma faceva uso di coefficienti moltiplicatori che decidevano arbitrariamente cosa andasse etichettato come consumo di lusso.
Accadeva così che a parità di spesa, comprando una cosa si era peccatori, comprandone un’altra si era santi: un approccio semplicemente assurdo. L’arrivo del nuovo redditometro corregge molte distorsioni. Da ora in avanti sarà rilevante la spesa e non come si spende: quello che conta è l’importo. Cinquantamila euro saranno uguali, sia che si compri una macchina o un treno di carta igienica. Infatti il metodo di ricostruzione del reddito, a differenza del passato, non si baserà più su presunzioni originate dall’applicazione di coefficienti, ma su dati certi (spese sostenute) e situazioni di fatto (spese medie di tipo corrente, risultanti dall’analisi annuale dell’Istat).
Direi che è un passo avanti, ma i dati statistici, per quanto marginali, possono generare sforamenti connessi all’applicazione di spese non necessariamente effettuate (alberghi, vacanze e simili), che non è facile dimostrare di non aver sostenuto. La franchigia dei 12 mila euro, recentemente introdotta, rende più accettabile la cosa, ma lo strumento resta depressivo e invasivo. Quello che non riesco proprio a digerire è la presunzione legale relativa, con inversione dell’onere della prova che, dal mio punto di vista, esce fuori dal recinto delle garanzie costituzionali, fondamentali in uno stato di diritto.
Qui c’è molto da lavorare, perché il redditometro torni ad essere un indicatore, basato sulle banche dati e sulle uscite effettive, di una posizione sospetta, non una pistola puntata alla tempia di chi viene controllato, specie quando si tratta di persone oneste, che magari hanno seguito comportamenti diversi da quelli ipotizzati dal fisco, come il signore anziano che compra la macchina dei sogni dopo aver messo da parte, con enormi sacrifici, un bel gruzzoletto di soldi sotto il classico mattone e non nei circuiti tracciabili delle banche.
C’è poi il problema delle auto d’epoca, patrimonio tecnico e culturale del paese, che non dovrebbero pesare sul reddito con valori statistici convenzionali, per la particolare destinazione d’uso, limitata in termini di chilometraggio e non eccessivamente onerosa sul piano del bollo e dell’assicurazione. Chi le compra è spesso meno spendaccione di chi cambia una vettura media ogni due anni, bruciando nelle alienazioni il valore di mercato, custodito come un assegno circolare dall’auto da collezione, che è un’alternativa per blindare il capitale rispetto al traballante sistema finanziario. La manutenzione, inoltre, non impone necessariamente cifre astronomiche.
Il possessore è il più delle volte un vero appassionato, che magari si priva del classico pacchetto di sigarette quotidiane, del bicchierino al bar e della settimana bianca pur di vivere le emozioni di un “giocattolo” a lungo sognato. Giusto, quindi, combattere l’evasione (e con vigore ancora maggiore gli enormi sprechi della spesa pubblica e il malcostume nell’uso delle risorse di tutti), ma senza uccidere i sogni delle persone oneste. Anche perché i sogni muovono un’industria e una rete di vendita e assistenza, quindi un’economia e tanti posti di lavoro. Posti veri e non teorici!
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