Attualità
Chi è Massimo Bray nuovo ministro dei beni culturali
Chi è Massimo Bray nuovo ministro dei beni culturali del governo Letta? Scopriamolo insieme.

Non è difficile scoprire chi è Massimo Bray e cosa pensa sulle politiche volte allo sviluppo della cultura e dell’arte in Italia; il ministro ai Beni Culturali e al Turismo eletto solo ieri dal nuovo Presidente del Consiglio italiano Enrico Letta. Perchè? Semplice, Massimo Bray oltre ad essere direttore editoriale dell’Istituto Treccani, scrive sul noto sito web The Huffington Post edizione Italia, dove aggiorna puntualmente una sezione dedicata alla cultura, con un occhio di riguardo alla situazione attuale del Paese.
La prima cosa che ho fatto dopo la notizia live del suo nuovo e importantissimo incarico, che è stata per me una sorpresa, è andare immediatamente a rileggere i suoi ultimi post, chiaramente. Per capire più nel profondo, tralasciando inutili biografie, chi è Massimo Bray, e se potrà realmente darci una mano. Ed ecco allora alcune parti -realmente significative per tutti noi- estrapolate dal suo manifesto, parole tratte dall’articolo Perchè la cultura torni ad essere un vanto in Parlamento, pubblicato in data 22 febbraio 2013:
Ho impostato tutta la mia campagna elettorale cercando di tenere alta l’insegna della Cultura. L’ho fatto non solo perché la mia vita professionale si è svolta tra istituzioni di formazione, di ricerca e nell’editoria alta (l’Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani), ma anche perché penso dal profondo che investire in questo settore significhi investire nelle qualità e nei talenti degli italiani.
L’Italia ha un patrimonio culturale senza pari. Un grande storico inglese, F.W. Maitland, scrisse che “quello che è oggi il passato è stato una volta il futuro”. I nostri antenati – che hanno fatto dell’Italia quello che le ultime generazioni, malgrado l’impegno dimostrato, non sono ancora riuscite a distruggere – furono in grado di concepire un futuro che, pur essendo divenuto ormai un passato, e vecchio di secoli, costituisce ancora la vera identità degli italiani.
Cosa funziona dell’Italia nel mondo, oggi? La capacità, che ancora fortunatamente in molti conservano, di essere fedeli a quegli italiani. Si è fatto molto per demolire tutto questo. La scuola, pur con tante eccezioni positive, è in agonia; l’università, forse, anche oltre. Gli studenti e gli studiosi stranieri che sono attratti dal nostro sistema sono pochi, mentre tantissimi nostri talenti vanno a realizzarsi altrove. I beni culturali, anche quelli più conosciuti, da motivo di orgoglio, sono divenuti occasione per mortificarci, per provare vergogna. Pompei crolla, il Colosseo è divenuto un grigio spartitraffico. Biblioteche e archivi versano in condizioni pietose.
Una scelta in favore dell’istruzione sarà dunque doverosa e, allo stesso tempo, anticonvenzionale, perché il dibattito che vogliamo avviare, come impegno di Governo, muove dalla ricerca di ciò che unisce posizioni culturali e ideali riformiste, nel comune impegno di associare a tutti, e ai diversi livelli, una scuola di qualità che guardi in avanti, in un momento in cui invece si avverte la tendenza a chiudersi in posizioni di apparente e sostanziale sguardo all’indietro.
La Cultura è nella storia di questo nostro straordinario Paese, nel territorio, nei monumenti, nelle istituzioni culturali, senza dubbio, ma soprattutto nelle persone. Riconoscerlo sarà il vero cambiamento, perché non si può pensare di ricreare l’idea di comunità, ridar vita e identità ad un Paese che sembra averla smarrita, senza dare valore alle cellule che lo compongono.
I beni culturali sono beni comuni, e in quanto tali vanno ricondotti alla sfera pubblica, che non significa porli sotto il diretto controllo della politica, ma essere consapevoli che la loro conservazione e il loro utilizzo devono essere sempre nell’interesse della comunità. La Cultura così intesa non è una merce che si può comprare e vendere, apprezzare o deprezzare secondo l’utilità del momento.
Occorre varare un piano per la tutela e il recupero di alcune parti importanti del nostro patrimonio artistico: uno dei primi provvedimenti del nuovo governo, nel settore dei beni culturali, dovrà essere volto al restauro e al rilancio di Pompei, che, con i due milioni e trecentomila visitatori che vi si recano ogni anno, a fronte di investimenti non soltanto adeguati, ma soprattutto ben indirizzati, potrebbe diventare, da metafora del declino dei nostri beni comuni – quale è purtroppo percepito oggi – il simbolo della rinascita del Paese. Ritengo, d’altra parte, un errore che lo Stato si sia rivolto ai privati per il restauro del Colosseo: il patrimonio artistico e culturale del Paese non può essere ceduto a logiche privatistiche.
Ciò che è scritto, scritto è. Speriamo finalmente in una svolta, in un impegno serio frutto di un patto con gli italiani con il fine di preservare la nostra sacrosanta cultura, un bene di tutti. Che magari si inizi davvero a finanziare i restauri per riportare all’antica bellezza quei beni artistici pubblici, patrimonio dell’umanità; ma non solo, magari anche che si inizi a fare qualche passo in avanti e aiutare nel concreto tutti quegli istituti, musei, enti, scuole, atenei di ricerche pubblici, che sono stati lasciati, abbandonati, in balia del nulla o di troppo poco, e da troppo tempo.
