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A Roma i disegni di Gaspar Van Wittel: scorci italiani con gli occhi dell’olandese
Ha amato così tanto l’Italia che ha cambiato il suo nome da Gaspar a Gaspare lasciandosi per un pò alle spalle le sue origini olandesi. Van Wittel ha lasciato tantissimi disegni e opere d’arte dedicate all’Italia, ai suoi scorci pittoreschi e imponenti, romantici e ufficiali, testimonianze di un passato tra la realtà vissuta dall’artista e la sua fantasia.

La mostra alla Biblioteca Nazionale di Roma, fino al 13 Luglio, raccoglie 52 disegni del padre del vedutismo che vengono presi dai depositi della biblioteca per mostrarli al pubblico. Completano la mostra anche alcuni dipinti provenienti dall’Accademia dei Lincei e da altre importanti istituzioni italiane come la Biblioteca Comunale Augusta di Perugia. Il percorso privilegia il rapporto di Van Wittel con Roma, dove arrivò nel 1674 per abitare in vicolo della Purificazione. Bellissimi i disegni di diverso formato delle vedute di Piazza Navona, del Tevere, della basilica di San Pietro, di Ponte Sisto, ma anche della campagna romana Tivoli e Frascati. Riflesso del mercato dell’arte del periodo i documenti di acquisti misteriosi come quelli di un presunto capo cameriere creditore di D’Annunzio del Gran Caffè di Roma Gentiletti che ha venduto un disegno a D’Annunzio per una cifra spropositata. In mostra alcune cambiali e contratti.
Oltre al valore storico delle opere, è’interessante guardare da vicino questi fogli spesso quadrettati osservare la trama sottile delle carte a volte usurate dal tempo, su cui Van Wittel appuntava con vivacità ogni cosa lo colpisse: tutta la libertà dell’artista si riversava nei suoi disegni, dove si possono vedere, scomposti, schizzi di immagini improvvise e appunti sul colore. I dipinti ad olio, a confronto sono la “quiete” dopo la “tempesta creativa”.
La camera ottica, per questo vedutista sei-settecentesco, è di fondamentale importanza per dare gloria ad ogni elemento architettonico. I monumenti sono così minuziosi in ogni dettaglio, dominando maestosamente il paesaggio, che fa sembrare sperduti gli abitanti di quei luoghi. L’attenzione dell’artista venuto in seguito ad un Grand Tour appassionato dal Nord Europa era catalizzata dal dominio degli edifici sullo spazio circostante, che esplicitano la tendenza illuminista a riflettere sul tragico o idealizzato destino dell’uomo, perso e in armonia tra le bellezze della natura. E’ la natura a volte a prendere il sopravvento sull’architettura, che la fantasia dell’artista trasforma nei cosiddetti “capricci”, vedute di luoghi ameni dell’Italia del mito.
Il percorso si snoda tra le vedute che Van Wittel ha realizzato a Roma, anche per famiglie nobili come i Corsini, in Pamphili e i Ludovisi, testimonianze dei cambiamenti della città nel tempo e i numerosi viaggi per l’Italia a Napoli, Venezia, Firenze, Bologna e Verona. Ma a Roma Van Wittel ritornò fino alla morte avvenuta nel 1736, città come perfetta scenografia di una vita vissuta con amore per i paesaggi dolci dell’Italia, amore saputo trasmettere anche al figlio Luigi Vanvitelli, famoso architetto.
La mostra curata da Margherita Breccia Fratadocchi e Paola Puglisi è stata realizzata con pochi mezzi,ma con tante collaborazioni. La raffinatezza dell’allestimento con un occhio anche all’interattività fanno ben sperare in un momento così difficile per l’arte.
Foto| Biblioteca Nazionale dii Roma
